Cirillico. Quando un alfabeto arcaico supera la modernità.
Immaginate che un alfabeto antichissimo viva ancora tra noi ed esista nella quotidianità di milioni di persone sparse nell’Europa orientale, fino all’Asia più estrema. Ebbene sì, si tratta del cirillico che continua ad essere scritto e letto a tutt’oggi da una buona fetta della popolazione mondiale. Più che delle semplici lettere messe in fila: possiamo considerare il cirillico come un simbolo fondante dei popoli slavi e non solo.
Sono tante le teorie riguardo alle sue origini e alla genesi. Ma non importa, ne vediamo comunque i segni attorno a noi, anche solo nei cartelli vetrina delle botteghe gestite da persone provenienti dalle aree dell’ex-blocco o alle porte delle chiese ortodosse disseminate lungo l’Italia.
È con l’affermarsi delle religioni che, come spesso succede nella storia dell’uomo, assistiamo a rivoluzioni e grandi cambiamenti, specie in ambito culturale. Se per diffondere la Bibbia, Gutenberg ha inventato la stampa a caratteri mobili, anche dietro la nascita del cirillico ci sono delle finalità religiose. Ed è proprio colui che avrebbe dato il nome a questo alfabeto, il missionario Cirillo, ad averlo concepito con l’intento di tradurre e riscrivere i testi sacri in slavo ecclesiastico. Un lavoro immane, di pazienza, studio e sperimentazione grafica, con la sola assistenza di suo fratello Metodio, traendo spunto dal greco medievale.
Caratteri cirillici che delineano nel profondo l’anima degli slavi e che sopravvivono con loro, al di là dei cambiamenti politici, della rivoluzioni e dei tentativi istituzionali di abolirlo. Per almeno ben due volte i governanti decisero di sopprimerlo. Dapprima lo zar Pietro che voleva adottare i caratteri latini, per adeguare una lingua ostica a quelle degli altri paesi europei.
Anche Lenin e i bolscevichi ci provarono, teorizzando che così si sarebbe esportata più facilmente la lingua russa e quindi pure gli ideali rivoluzionari del proletariato che così avrebbero attecchito nel resto del mondo. Ci penserà il georgiano di ferro, Iosif Stalin, a impedire una così troppo pericolosa modernizzazione. Il cirillico vive ancora, ogni giorno nelle sue varianti bielorusse, bulgare, serbe, ucraine, montenegrine, macedoni e bosniache, senza contare le decine di repubbliche ex-sovietiche extra-europee e non slave in cui ancora è l’alfabeto ufficiale. E comunque non preoccupatevi, in caso viaggiaste verso quei paesi, ci sono elle comode App per la trascrizione.
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Cirillico. Quando un alfabeto arcaico supera la modernità.
Immaginate che un alfabeto antichissimo viva ancora tra noi ed esista nella quotidianità di milioni di persone sparse nell’Europa orientale, fino all’Asia più estrema. Ebbene sì, si tratta del cirillico che continua ad essere scritto e letto a tutt’oggi da una buona fetta della popolazione mondiale. Più che delle semplici lettere messe in fila: possiamo considerare il cirillico come un simbolo fondante dei popoli slavi e non solo.
Sono tante le teorie riguardo alle sue origini e alla genesi. Ma non importa, ne vediamo comunque i segni attorno a noi, anche solo nei cartelli vetrina delle botteghe gestite da persone provenienti dalle aree dell’ex-blocco o alle porte delle chiese ortodosse disseminate lungo l’Italia.
È con l’affermarsi delle religioni che, come spesso succede nella storia dell’uomo, assistiamo a rivoluzioni e grandi cambiamenti, specie in ambito culturale. Se per diffondere la Bibbia, Gutenberg ha inventato la stampa a caratteri mobili, anche dietro la nascita del cirillico ci sono delle finalità religiose. Ed è proprio colui che avrebbe dato il nome a questo alfabeto, il missionario Cirillo, ad averlo concepito con l’intento di tradurre e riscrivere i testi sacri in slavo ecclesiastico. Un lavoro immane, di pazienza, studio e sperimentazione grafica, con la sola assistenza di suo fratello Metodio, traendo spunto dal greco medievale.
Caratteri cirillici che delineano nel profondo l’anima degli slavi e che sopravvivono con loro, al di là dei cambiamenti politici, della rivoluzioni e dei tentativi istituzionali di abolirlo. Per almeno ben due volte i governanti decisero di sopprimerlo. Dapprima lo zar Pietro che voleva adottare i caratteri latini, per adeguare una lingua ostica a quelle degli altri paesi europei.
Anche Lenin e i bolscevichi ci provarono, teorizzando che così si sarebbe esportata più facilmente la lingua russa e quindi pure gli ideali rivoluzionari del proletariato che così avrebbero attecchito nel resto del mondo. Ci penserà il georgiano di ferro, Iosif Stalin, a impedire una così troppo pericolosa modernizzazione. Il cirillico vive ancora, ogni giorno nelle sue varianti bielorusse, bulgare, serbe, ucraine, montenegrine, macedoni e bosniache, senza contare le decine di repubbliche ex-sovietiche extra-europee e non slave in cui ancora è l’alfabeto ufficiale. E comunque non preoccupatevi, in caso viaggiaste verso quei paesi, ci sono elle comode App per la trascrizione.