Due vecchie conoscenze: Babbo Natale e il Coniglio Pasquale
E ora in Italia anche i conigli di cioccolata, bistrattati dai puristi delle uova e della colomba, inconsapevoli che dietro ogni simbolo festivo ci sta sempre l’antico, quella radice pagana che in qualche modo è stata rimossa o riadattata con l’avvento delle religioni monoteiste e della modernità. Tutto è culminato molto prima di noi, quando l’uomo brancolava nel buio dei tempi, oppresso dalle difficoltà della fame e del freddo. Si organizzavano riti che coincidevano con passaggi temporali, cambi di stagione, auspici di raccolti abbondanti e nascita di figli, necessari ai lavori nei campi.
Ciò che oggi è una ricorrenza che sa di cioccolata, dolci, campanellini e spot televisivi, è radicato nell’epopea in cui la mera sopravvivenza era l’obiettivo quotidiano. A cominciare dal Babbo Natale che allieta l’apice invernale di grandi e piccini. All’epoca dei romani ad esempio, dal 17 al 23 dicembre si tenevano i Saturnali, in cui ci si scambiavano doni e si tenevano banchetti per festeggiare l’abbondanza. Con l’arrivo dei Cristiani, si tramuta l’evento con l’introduzione di San Nicola, personaggio che nell’odierna Turchia avrebbe riportato in vita dei bambini e che si espande nelle usanze di tutta l’Europa. Anche se nel folclore germanico, c’è la figura di Odino che ad ogni solstizio invernale teneva una battuta di caccia, accompagnato da altri dei e dai guerrieri caduti in battaglia. I bambini riempivano di carote, zucchero e paglia i loro calzari, per sfamare il suo cavallo alato. In cambio avrebbero ricevuto dolci e regali.
Questa tradizione si evolve, viene esportata anche in Nord America e in seguito San Nicola diventa Santa Klaus. Si arriverà a stabilire dove fosse situata la sua dimora. Per alcuni popoli è nel Polo Nord, ma per molti altri è nei pressi di Rovaniemi, in Lapponia. Nel 1958 si ufficializzerà la traccia del suo percorso sui radar della difesa aerea statunitense.
Ma torniamo all’apparente novità del Coniglio Pasquale. E’ un viaggio nel tempo, fino all’antica usanza germanica dell’Osterhase, ovvero una lepre che lasciava in dono ai bambini degli ovetti colorati, rito che a sua volta di rifaceva al culto di Ostre, dea pagana della fertilità e nascita, che veniva omaggiata con uova di serpente decorate.
Insomma, potremmo concludere che non si finisce mai di imparare e neanche di festeggiare.
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Due vecchie conoscenze: Babbo Natale e il Coniglio Pasquale
E ora in Italia anche i conigli di cioccolata, bistrattati dai puristi delle uova e della colomba, inconsapevoli che dietro ogni simbolo festivo ci sta sempre l’antico, quella radice pagana che in qualche modo è stata rimossa o riadattata con l’avvento delle religioni monoteiste e della modernità. Tutto è culminato molto prima di noi, quando l’uomo brancolava nel buio dei tempi, oppresso dalle difficoltà della fame e del freddo. Si organizzavano riti che coincidevano con passaggi temporali, cambi di stagione, auspici di raccolti abbondanti e nascita di figli, necessari ai lavori nei campi.
Ciò che oggi è una ricorrenza che sa di cioccolata, dolci, campanellini e spot televisivi, è radicato nell’epopea in cui la mera sopravvivenza era l’obiettivo quotidiano. A cominciare dal Babbo Natale che allieta l’apice invernale di grandi e piccini. All’epoca dei romani ad esempio, dal 17 al 23 dicembre si tenevano i Saturnali, in cui ci si scambiavano doni e si tenevano banchetti per festeggiare l’abbondanza. Con l’arrivo dei Cristiani, si tramuta l’evento con l’introduzione di San Nicola, personaggio che nell’odierna Turchia avrebbe riportato in vita dei bambini e che si espande nelle usanze di tutta l’Europa. Anche se nel folclore germanico, c’è la figura di Odino che ad ogni solstizio invernale teneva una battuta di caccia, accompagnato da altri dei e dai guerrieri caduti in battaglia. I bambini riempivano di carote, zucchero e paglia i loro calzari, per sfamare il suo cavallo alato. In cambio avrebbero ricevuto dolci e regali.
Questa tradizione si evolve, viene esportata anche in Nord America e in seguito San Nicola diventa Santa Klaus. Si arriverà a stabilire dove fosse situata la sua dimora. Per alcuni popoli è nel Polo Nord, ma per molti altri è nei pressi di Rovaniemi, in Lapponia. Nel 1958 si ufficializzerà la traccia del suo percorso sui radar della difesa aerea statunitense.
Ma torniamo all’apparente novità del Coniglio Pasquale. E’ un viaggio nel tempo, fino all’antica usanza germanica dell’Osterhase, ovvero una lepre che lasciava in dono ai bambini degli ovetti colorati, rito che a sua volta di rifaceva al culto di Ostre, dea pagana della fertilità e nascita, che veniva omaggiata con uova di serpente decorate.
Insomma, potremmo concludere che non si finisce mai di imparare e neanche di festeggiare.