Coraggio, Islanda a tavola! Le tradizioni gastronomiche
“Dimostra di essere un uomo coraggioso”: questa richiesta da un islandese è una sfida gastronomica estrema. Islanda a tavola: anche in questo caso le tradizioni fanno parte della sua gente con origini vichinghe e abituata alle difficoltà del vivere in una terra isolata tra i ghiacci e il fuoco dei vulcani. Ma soprattutto con poche materie prime per mettere insieme un pasto di alta cucina.
La curiosità sull’Islanda è prima di tutto nel menù: cosa si mangia oltre al pescato del giorno e i frutti di mare che normalmente vengono serviti ai turisti nei ristoranti e alberghi? Un tour nelle tradizioni gastronomiche locali prevede di allacciare le cinture di sicurezza. Prima di tutto la cucina è condizionata dagli antichi sistemi di conservazione: la carne è quasi sempre essiccata o affumicata. Buono il hangikjöt (agnello affumicato); più deciso lo slátur (frattaglie miste con spezie e cereali cotte nello stomaco di ovino, simile all’haggis scozzese). Poi ci sono la testa di pecora bollita (intera), testicoli e rognone di montone se si vuole rendere ancora più impegnativo il pasto.
Ma il coraggio del quale parlavamo all’inizio serve per mangiare lo squalo islandese: si tratta dell’hákarl, carne lasciata fermentare sottoterra e poi essiccare all’aria per mesi e dal forte odore di ammoniaca. Lo squalo “putrefatto” viene servito con bicchierini di brennivín, che è un’acquavite locale fermentata dalle patate e aromatizzata al cumino chiamata Morte Nera dai locali.
Per dimostrare di essere coraggiosi agli islandesi basta mangiare un pezzettino di hákarl annaffiato dal brennivín. Consiglio per neofiti: tapparsi il naso, perché il forte odore di ammoniaca è molto peggio del sapore della carne. Avete presente lo chef Gordon Ramsey? Sfidato da un giornalista a mangiare l’hákarl ha poi dato di stomaco bollando l’esperienza come “la cosa più schifosa mai mangiata in vita mia”. Incredibile, ma vero: chef Ramsey non è un uomo coraggioso (almeno per gli islandesi!).
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Coraggio, Islanda a tavola! Le tradizioni gastronomiche
“Dimostra di essere un uomo coraggioso”: questa richiesta da un islandese è una sfida gastronomica estrema. Islanda a tavola: anche in questo caso le tradizioni fanno parte della sua gente con origini vichinghe e abituata alle difficoltà del vivere in una terra isolata tra i ghiacci e il fuoco dei vulcani. Ma soprattutto con poche materie prime per mettere insieme un pasto di alta cucina.
La curiosità sull’Islanda è prima di tutto nel menù: cosa si mangia oltre al pescato del giorno e i frutti di mare che normalmente vengono serviti ai turisti nei ristoranti e alberghi? Un tour nelle tradizioni gastronomiche locali prevede di allacciare le cinture di sicurezza. Prima di tutto la cucina è condizionata dagli antichi sistemi di conservazione: la carne è quasi sempre essiccata o affumicata. Buono il hangikjöt (agnello affumicato); più deciso lo slátur (frattaglie miste con spezie e cereali cotte nello stomaco di ovino, simile all’haggis scozzese). Poi ci sono la testa di pecora bollita (intera), testicoli e rognone di montone se si vuole rendere ancora più impegnativo il pasto.
Ma il coraggio del quale parlavamo all’inizio serve per mangiare lo squalo islandese: si tratta dell’hákarl, carne lasciata fermentare sottoterra e poi essiccare all’aria per mesi e dal forte odore di ammoniaca. Lo squalo “putrefatto” viene servito con bicchierini di brennivín, che è un’acquavite locale fermentata dalle patate e aromatizzata al cumino chiamata Morte Nera dai locali.
Per dimostrare di essere coraggiosi agli islandesi basta mangiare un pezzettino di hákarl annaffiato dal brennivín. Consiglio per neofiti: tapparsi il naso, perché il forte odore di ammoniaca è molto peggio del sapore della carne. Avete presente lo chef Gordon Ramsey? Sfidato da un giornalista a mangiare l’hákarl ha poi dato di stomaco bollando l’esperienza come “la cosa più schifosa mai mangiata in vita mia”. Incredibile, ma vero: chef Ramsey non è un uomo coraggioso (almeno per gli islandesi!).